La polisensorialità applicata al marketing
Tramite la stimolazione dei cinque sensi è possibile emozionare i consumatori e renderli protagonisti di una esperienza di acquisto memorabile. La polisensorialità applicata al marketing garantisce agli individui intrattenimento per i loro sensi, prima ancor che prodotti e/o servizi.
Abbiamo assistito alla nascita di alcuni neologismi come retailtaintment e shoptainment e di nuovi format distributivi, capaci di coccolare e soddisfare i consumatori offrendo loro un mondo fantastico in cui immergersi. Tra questi:
- i Concept Store, cioè contenitori non solo di prodotti ma soprattutto di esperienze olistiche;
- i Convenience Store (negozi di comodità), in cui qualunque momento del giorno o della notte, della settimana e dell’anno è un buon momento per acquistare e consumare;
- i Transit Store: negozi sempre accessibili, situati presso i percorsi quotidiani degli individui e i tragitti del pendolarismo (metropolitane, stazioni, aeroporti…).
Raggiungere, parlare e coinvolgere il consumatore tramite i sensi è ciò che il modello dell’Holistic Selling Proposition (HSP) si propone di fare. Quindi, i brand olistici esprimono la propria identità in ogni messaggio, forma, simbolo, rituale e tradizione, mediante l’uso di tutti e cinque i sensi.
Si parla di Strategic Experiential Modules (SEMs) per indicare cinque tipologie di esperienza di marketing emozionale:
- Sense Experience: coinvolgere la percezione sensoriale (Magnum – campagna gelati “5 sensi”);
- Feel Experience: coinvolgere i sentimenti e le emozioni dei clienti per creare esperienze affettive (Coca-Cola – “Taste the feeling”);
- Think Experience: cioè un’esperienza cognitiva e creativa (Apple -“Think different”);
- Act Experience: un’esperienza corporea, che spinge ad agire oltre i propri limiti e a provare cose nuove (Nike – “Just do it!”);
- Relate Experience: che pone l’individuo in relazione con un gruppo, condividendo con questo interessi e aspirazioni comuni (Mini – raduni automobilistici).
Queste strategie possono essere applicate individualmente l’una dall’altra oppure contemporaneamente, al fine di creare esperienze ibride ed olistiche. Si tratta, dunque, di strategie di comunicazione volte a coinvolgere gli individui a livello polisensoriale e costruire per loro un’esperienza memorabile ed immersiva.
Alcuni studi condotti sui cinque sensi
I primi esperimenti furono condotti inizialmente concentrandosi sulla vista (l’utilizzo di determinati colori, la disposizione dei prodotti…) e l’udito (la diffusione di un certo tipo di musica), seguendo le teorie della psicologia ambientale. Eppure, secondo alcune ricerche, il senso con la maggiore capacità di memorizzazione è l’olfatto.
L’uomo ricorda l’1% di quello che tocca, il 2% di quello che sente,
il 5% di quello che vede ed il 35% delle informazioni olfattive!
L’udito:
Il volume, il ritmo e la tipologia di musica trasmessa nei negozi possono influenzare le scelte del consumatori, la loro velocità di deambulazione, la durata di permanenza e persino l’importo che essi sono disposti a spendere.
La musica classica nei negozi o nei locali, ad esempio, suggerisce un tenore di vita alto e una certa ricercatezza, ciò comporta un ritmo di deambulazione pacato e maggiore propensione a spendere. Per contro, la musica techno è più adatta agli ambiente giovanili o per i fast food ed influenza la deambulazione veloce, dinamica e la permanenza rapida.
Un altro caso di studio interessante dimostra come la musica in una determinata lingua può condurre all’acquisto di prodotti del Paese in cui si parla quella lingua. Ad esempio: la musica francese nel reparto dei vini può spingere inconsciamente una certa % di individui ad acquistare del vino di origine francese.
La vista:
Partendo dai prezzi, quelli che terminano in “9” sono in grado di farci spendere di più, attivando in noi una serie di processi mentali di sottovalutazione del prezzo effettivo.
Dal punto di vista dei colori, invece, si è notato che un manifesto pubblicitario a colori ha il 41% di possibilità in più di essere ricordato e il colore del marchio può veicolare un certo valore intrinseco e distinguere quel marchio rispetto agli altri. La Teoria dei Colori, infatti, ci dice che:
- il rosso viene utilizzato dai marchi che vogliono veicolare dei valori come la forza, la passione, il pericolo;
- il nero indica l’eleganza e il lusso;
- il blu serietà e calma;
- il viola nobiltà, mistero e spiritualità;
- il rosa indica femminilità, delicatezza e romanticismo;
- il verde è adatto alla natura e al biologico;
- il giallo è positività ed allegria;
- l’arancione per la creatività e il divertimento;
- il bianco è purezza e trasparenza.
Ogni brand ha un proprio logo e dei colori che lo caratterizzano. Quindi, la scelta dei colori avviene soprattutto tenendo in considerazione i significati che ognuno di questi veicola.
L’olfatto:
E’ un senso estremamente sottovalutato, nonostante sia in grado di provocare emozioni molto più forti rispetto agli altri sensi. In che modo? In quanto gli stimoli olfattivi vengono processati direttamente dall’amigdala del nostro cervello e tramutati all’istante in sensazioni.
Secondo alcuni studi, l’uomo è in grado di riconoscere 10mila combinazioni di odori differenti, anche dopo lunghissimo tempo. Ciò è possibile in virtù della prossimità fisica e neurale tra i sistemi associati all’olfatto e quelli associati alla memoria.
A questo proposito, una marca può associare un determinato odore a sé stessa o ad uno dei suoi prodotti. Nasce così lo Scent Marketing, ovvero l’uso degli odori nelle proposte di marketing. Ciò induce i consumatori a ricordare specifici negozi come luoghi d’acquisto particolarmente piacevoli.
Il tatto:
E’ il senso che ci fa prendere la decisione finale. Dopo avere guardato un prodotto, essere stati attratti dal suo colore, dalle sue forme e dal suo odore abbiamo sempre la tentazione di toccarlo per decidere se acquistarlo o meno. Se, toccandolo, il materiale delude le nostre aspettative allora spesso scartiamo un prodotto e passiamo a quello successivo. Per questo motivo il tatto è il senso che determina la conferma dell’acquisto.
Per quanto riguarda il packaging dei prodotti, inoltre, questo non solo deve essere visivamente attraente ma anche maneggevole, pratico e dovrebbe permettere il trasporto del prodotto in tutta facilità.
Il gusto:
Molto spesso le aziende attuano dei test sul gusto chiamati Blind Test (assaggi di prodotti alimentari privati dell’etichetta). Questi servono a valutare la capacità delle persone di discriminare tra più sapori e per vedere le loro preferenze. Ma attenzione: non bisogna comunicare il nome del brand!
I risultati dei Blind Test suggeriscono che la stimolazione gustativa varia in base alle esperienze pregresse fatte con il brand, come ad esempio la vista del suo packaging o del logo, e così via. Molto probabilmente, ad esempio, un soggetto sottoposto al Blind Test non riuscirà a distinguere tra un bicchiere di Coca-Cola ed uno di Pepsi.
“Il troppo stroppia”
Abbiamo visto come la stimolazione polisensoriale permette agli individui di vivere delle esperienze memorabili e di rafforzare il loro legame con il brand. Tuttavia è bene precisare che l’uso della polisensorialità deve essere ben pianificato. Un eccessivo “bombardamento” di stimoli sensoriali, infatti, può anche confondere i consumatori e spingerli a concludere la loro esperienza di acquisto senza effettivamente acquistare nessun prodotto.
A questo proposito, il consiglio che mi sento di dare è quello di progettare con cura le strategie di marketing polisensoriale affinché possano coinvolgere i consumatori in esperienze di consumo originali ed emozionali ma pur sempre entro i limiti della sopportazione fisica e psicologica!
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